Il PD e la Resistenza

3 febbraio 2008

Dimenticare la Resistenza nella carta dei valori del PD sarebbe grave. Una svista a cui è meglio rimediare subito, come ha anche chiesto il segretario Veltroni a Reichlin.
È bene infatti ricordare come senza la Resistenza non ci sarebbe neppure la Costituzione, in cui sono affermati quei valori di libertà, uguaglianza e solidarietà negati dal regime e riaffermati, grazie alla lotta partigiana, dal popolo italiano stesso. La Resistenza non fu soltanto un periodo di transizione tra l’età prefascista e quella postfascista, bensì il collante necessario ad unire i neo-nati partiti, di posizioni diametralmente opposte, affinché risollevassero l’Italia dalle miserie della guerra appena finita. Questa grosse Koalition, formata da una parte dalla DC e dall’altra dal Fronte Popolare, durò dal 1945 al 1948. E la Costituzione della Repubblica Italiana è senz’altro il frutto migliore di questa unione politica, la quale, contemporaneamente alle attività dell’Assemblea Costituente, governava in quasi tutte le città.
Se il PD è nato per rappresentare l’anima socialista e quella cattolico progressista della società italiana, allora non può dimenticare la Resistenza. È in quel periodo della nostra storia che si è creata per la prima volta l’alleanza tra sinistra e cattolici. In seguito, i veti della Chiesa e degli Stati Uniti (come sostiene lo storico Chabod, ma anche Sciascia ne Gli zii d’America) hanno impedito quell’unione di forze progressiste, fino al compromesso storico tra Moro e Berlinguer negli anni ’70 e alla nascita dell’Ulivo nel ’96 ad opera di Romano Prodi.
Il Partito Democratico non è altro che la fusione di quelle forze che sessant’anni fa contribuirono, anche con la lotta armata, a creare l’Italia che conosciamo oggi.
La Resistenza – spesso lo si dimentica – non divide, ma unisce.

Lascia un commento